Cos’è successo al sonno degli italiani durante il lockdown? La domanda è al centro di uno dei più ampi studi italiani cross-sectional in materia, guidato dall’Università di Parma e recentemente pubblicato su “Frontiers in Psychology”.
Lo studio, che ha coinvolto un campione di oltre 6mila persone di età compresa tra i 18 e gli 82 anni, ha mostrato che il lockdown ha cambiato le abitudini del sonno di molti italiani.
Più della metà (55.32%) dei soggetti che hanno completato i questionari ha rimarcato una ridotta qualità del sonno e una consistente modifica nelle abitudini dovuta all’introduzione della quarantena, che ha spostato i normali orari del ciclo sonno-veglia: vanno a letto e si svegliano prima o più tardi rispetto al solito, e dormono di più durante il giorno. Questi cambiamenti sembrano procedere di pari passo ai livelli più alti di stress (range moderato- severo: 22.8–10.2%), ansia (range moderato-severo: 9.5–14.1%) e depressione (range moderato-severo: 25.9–14%). La relazione è però bidirezionale: le restrizioni introdotte hanno aumentato i livelli di stress, con un impatto negativo sulla qualità del sonno. L’interruzione del normale ritmo sonno-veglia e il conseguente sonno disturbato, a loro volta, hanno contribuito a un peggioramento del benessere mentale della persona stessa.
Altri fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi nel sonno evidenziati dallo studio sono rappresentati dall’avere domicilio in Centro Italia (il che potrebbe essere spiegato dal fatto che a seguito del terremoto dell’Aquila i residenti di queste zone abbiano sviluppato una maggiore vulnerabilità psicologica) e dall’aver subito la perdita di un caro a causa del virus. Inoltre, si può vedere una differenza di genere: le donne sono infatti più esposte ad avere problemi di sonno rispetto agli uomini.
Lo studio, partito da Parma e in particolare da Christian Franceschini, docente di Teorie e tecniche di psicologia clinica al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, si è svolto all’interno del Progetto Resilience and the COVID-19: how to react to perceived stress. Effects on sleep quality and diurnal behavior / thoughts, ideato e condotto dal prof Franceschini e da una rete attivata durante l’Emergenza COVID-19 avvalendosi del contributo di prestigiose collaborazioni nazionali (Alessandro Musetti dell’Università di Parma; Università Cattolica di Milano; Università Statale di Milano; Sapienza Università di Roma; Università Federico II di Napoli; Università di Messina) e del contributo scientifico di Dieter Reimann, docente di Psicofisiologia clinica al Dipartimento di Psichiatria e Psicoterapia dello University Medical Center di Friburgo e Presidente dello European Insomnia Network . Allo studio ha inoltre partecipato attivamente la comunità scientifica accademica e studentesca dell’Università di Parma.
Sempre all’interno del progetto Resilience and the COVID-19: how to react to perceived stress. Effects on sleep quality and diurnal behavior / thoughts si è indagato anche l’impatto psicologico causato dalle restrizioni dovute al COVID-19. Anche in questo caso lo studio, condotto sempre su circa 6mila persone e coordinato dal prof Franceschini, è stato pubblicato su “Frontiers in Psychology”.
Circa un terzo dei soggetti che hanno completato l’indagine ha mostrato livelli di depressione, ansia e stress da moderati a severi, risultati che evidenziano un profondo impatto del lockdown sulla salute mentale della popolazione italiana e che suggeriscono come, accanto alle misure di sostegno economico, sia importante rafforzare gli interventi di sostegno psicologico disponibili sul territorio.
I risultati dello studio hanno anche testimoniato che la resilienza psicologica può mitigare l’impatto psicologico del lockdown. Numerosi studi avevano già dimostrato che la resilienza può diminuire gli effetti negativi dello stress e del trauma; ora risultati analoghi sono stati riscontrati da questo studio anche per quanto riguarda il COVID-19. Università di Parma.