Oggi siamo di fronte a una sfida epocale che interessa tutti noi, perché ne va del futuro del nostro paese. La sfida in questione è quella che vede protagoniste le università, che in questi ultimi anni sono chiamate a divenire qualcosa di più rispetto a semplici luoghi di cultura in cui si insegnano le più interessanti materie. Senza offesa, ma chi vuole esclusivamente erudirsi può benissimo farlo da autodidatta, leggendo libri disponibili anche online. Quello che si sta dicendo in questa sede è che gli atenei d’ora in avanti devono fare un salto qualitativo, che consiste nel fornire agli studenti i giusti strumenti per poter affrontare con sicurezza il mondo del lavoro. E i giusti strumenti non possono ridursi alle sole importanti nozioni; oggi c’è bisogno di “praticità”, c’è bisogno di insegnare un mestiere. In questo vengono certamente in aiuto gli stage, che molte università mettono a disposizione degli studenti grazie a importanti partnership stipulate con enti e aziende presenti sul territorio. Tuttavia questi stage non devono essere fini a sé stessi; detto altrimenti, lo studente non deve limitarsi a “scaldare la sedia” o a “fare le fotocopie”, ma deve dare un contribuito importante all’interno di quell’ambiente di lavoro di cui farà parte per un mese o più, quasi fosse uno stipendiato. Solo così potrà innescarsi quel circolo virtuoso che vedrà gli atenei in prima linea nell’aiutare i professionisti di domani a inserirsi in quello che viene definito comunemente “mondo del lavoro”. Parlare è sempre facile, agire invece è sempre difficile; in un contesto come quello italiano, fino a un ventennio fa restio a offrire altro se non didattica di qualità insegnata ex cathedra, c’è ancora tanto da fare per permettere che le giovani leve possano crescere e un giorno “trascinare” il paese verso un’era di prosperità. Sul cosa fare proveremo a dire la nostra nei prossimi paragrafi.
Ricapitolando, le università, oggi più che mai, non devono essere semplicemente luoghi di cultura, dove le più interessanti nozioni vengono apprese dagli studenti più diligenti, quanto enti capaci di preparare i giovani al mondo del lavoro. Considerando che entrare nel mondo del lavoro in questi ultimi anni è piuttosto complicato, perché la domanda non sempre incontra l’offerta, c’è bisogno di una riflessione profonda che interessi anche i governanti. Tra poco ci arriveremo. Se è anche vero che molti studenti usciti dall’università hanno fatto la differenza, è necessario ricordare però che moltissimi altri invece vivono anni alla ricerca di un impiego, non per forza stabile ma almeno saltuario. Questo succede perché molte università non formano adeguatamente i giovani, che dovrebbero avere quelle competenze specifiche ricercate dalle aziende che invece non hanno. E questo porta appunto a un non incontro tra domanda e offerta; il lavoro dunque ci sarebbe anche, ma non ci sono gli specialisti richiesti, e questo è colpa anche dei governanti. Loro cosa c’entrano? C’entrano eccome, perché se destinassero più fondi all’istruzione, oggi probabilmente l’Italia da un lato avrebbe un tasso di “alfabetizzazione universitario” in linea con quello degli altri paesi europei e dall’altro lato avrebbe più lavoratori pronti a concorrere alla crescita del paese. Invece i giovani che superano la prova del fuoco, grazie alle loro capacità e alla loro preparazione adeguata sul campo, optano per andare a vivere all’estero. I motivi sono risaputi, e qui gli atenei sono colpevoli fino a un certo punto, perché se i vari esecutivi che si susseguono non sanno creare terreno fertile per rendere il mercato del lavoro più appetibile e più stabile, il risultato sarà sempre e solo quello di cui vi abbiamo parlato ora.
In Italia la distinzione tra università pubbliche e università private dovrebbe perdere d’importanza. Ci spieghiamo meglio: le prime solitamente non danno grosse opportunità in termini di stage formativi agli studenti, poiché non troppo costose, mentre le seconde, al contrario, danno grosse opportunità in termini di stage formativi agli studenti, perché piuttosto costose. Ne deriva che chi può permettersi di frequentare le università private di solito ha più facilità ad accedere al mondo del lavoro. Questa cosa nel 2021 secondo voi ha ancora ragion d’essere?
Questo post è stato pubblicato il 4 Novembre 2021
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