L’inglese è la lingua ufficiale degli scambi internazionali, delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea. Ci sono termini inglesi che sono sempre più presenti nel linguaggio comune, soprattutto tra i giovani e attraverso i social media. Lo stesso linguaggio aziendale è un trionfo di prestiti e anglicismi. Perché allora insistiamo con un inglese maccheronico che fa fare tante brutte figure all’estero (anche in contesti ufficiali)?
Un’indagine Eurostat del 2016 ha rivelato che solo il 16% degli italiani padroneggia una lingua straniera, oltre l’italiano. Ma il 98,4% degli studenti italiani apprende l’inglese a scuola. Dove sta l’inghippo? Secondo il parere di esperti, la scuola italiana ha fallito nell’implementare il metodo giusto. Troppi libri, troppe grammatiche, pochissima pratica. Il risultato è una lingua appresa in teoria e sconosciuta nella pratica.
Gli italiani non sanno applicare le frasi giuste per i contesti giusti (“Excuse me” invece di “Sorry“, quando uno vuole scusarsi, e invece richiama solo l’attenzione), e non sanno “pensare” nella lingua d’arrivo, dando origine a traduzioni fantasiose come “Outside service” per indicare uno sportello fuori servizio.
Se l’italiano è una lingua dove quasi tutti i suoni sono pronunciati come sono scritti, l’inglese non lo è affatto. Il risultato è “Tenk iu” o “Spik Inglish?”, per non parlare dei suoni che non si sanno imitare, come la famosa h aspirata (“hungry” diventa “angry“, cioè arrabbiato, e a quel punto il vostro interlocutore si chiederà se vi ha in qualche modo offesi o siete semplicemente isterici).
Un capitolo a parte sono i false friends, ovvero le parole che sembrano analoghe alla nostra lingua ma vogliono dire in realtà tutt’altro. È il caso di “ape“, che significa scimmia (i primati, per l’esattezza) e mai ape, cioè “bee”, o “parents” per indicare i parenti al posto dei genitori (e “janitors” sono gli inservienti).
Se volete emanciparvi da guide turistiche, traduttori Google o semplicemente l’inglese giova al vostro curriculum, continuate a studiare concentrandovi più sulla pratica che la teoria. Viaggiate, se potete, o iscrivetevi a dei corsi privati. Se non ne avete la possibilità c’è una quantità sterminata di corsi online addirittura scaricabili su internet. Neanche le app fanno eccezioni, con Babbel e Duolinguo tra le più gettonate. E in più ascoltate musica, guardate le serie e i film che Netflix mette a disposizione in lingua originale e sottotitoli.
Insomma, basta armarsi di pazienza e buona volontà e l’apprendimento non risulta poi così difficile. La difficoltà vera per molti italiani sta nel liberare la mente da pregiudizi nocivi come concepire le lingue come difficili o pericolose in quanto “straniere”.
Questo post è stato pubblicato il 27 Dicembre 2020
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