Patrick Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna, è stato arrestato dai servizi segreti all’aeroporto del Cairo. La notizia è stata data sabato dall’organizzazione per la difesa dei diritti umani per la quale Zaki fa il ricercatore. La Procura di Mansoura, a 120 chilometri dalla capitale, secondo quanto scrive lo stesso Governo egiziano su Twitter, ha ordinato 15 giorni di custodia cautelare.
Subito dopo l’arresto il giovane è stato trasferito nel carcere di Mansoura, dove sarebbe stato torturato e interrogato in merito al suo attivismo. Il nostro Paese ha chiesto all’Unione Europea di attivare il meccanismo di “monitoraggio processuale“, che consente ai funzionari delle ambasciate dei Paesi dell’Unione di monitorare l’evoluzione del processo e di presenziare alle udienze.
Il ministero dell’Interno del Cairo ha precisato che la nazionalità dello studente è egiziana, sottolineata dalla pubblicazione del nome completo, ed è in stato di fermo in attesa delle indagini. L’arresto rispetterebbe un mandato di cattura emesso nel 2019, sconosciuto dallo stesso Zaki, ed è stato effettuato nel primo rientro in Egitto dalla data dell’emissione.
Immediatamente dopo la comunicazione del fermo, il Governo italiano si è prontamente attivato. “Il mio ministero si è subito attivato insieme all’università di Bologna per ricostruire la situazione dello studente Zaky. Lo studente è stato selezionato nell’ambito di un master europeo tenuto da università di diversi paesi. Insieme al ministro Di Maio stiamo operando tramite i canali diplomatici per reperire informazioni certe e trasparenti e verificare la situazione in maniera accurata nel rispetto dei diritti della persona”. ha dichiarato Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della Ricerca scientifica.
Gli avvocati dello studente hanno comunicato che l’attivista è stato accusato di “diffusione di notizie false, promozione del terrorismo e diffusione di dichiarazioni che disturbano la pace sociale”. Secondo quanto si apprende, Zaki è stato manager della campagna presidenziale di Khaled Ali, uno dei principali oppositori del presidente autoritario Abdel al-Sisi.
In Italia è immediatamente tornato alla mente il caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani tra il gennaio e il febbraio 2016.
Questo post è stato pubblicato il 10 Febbraio 2020
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