Marito e moglie potranno lavorare insieme anche all’università o fare concorso per lavorare all’interno dello stesso dipartimento in cui lavora il coniuge. Questa la decisione presa dall’Ateneo di Bari, che segue le indicazioni contenute in una sentenza della Corte costituzionale e ha modificato il proprio regolamento interno. La novità, che in realtà segna un ritorno al passato, riguarda i docenti sposati o legati da uno stretto rapporto di convivenza, che d’ora in poi potranno lavorare fianco a fianco o fare i concorsi insieme.
Il Senato accademico barese, presieduto dal rettore Antonio Uricchia, nel corso dell’ultima seduta ha fatto proprio il contenuto di una nota del Miur che invitava le università a seguire le indicazioni di una sentenza della Corte costituzionale la quale, pronunciandosi su una controversia nata in seno all’Università di Catania, ha dato il via alla permanenza di fatto di marito e moglie nello stesso ateneo. Il caso portato in tribunale ha riguardato una docente che, dopo aver vinto il concorso all’interno dello stesso dipartimento in cui lavorava il marito, era stata in un primo momento bloccata per degli accertamenti giudiziari. Sulla vicenda si sono pronunciati prima il Tar e poi il Consiglio della giustizia amministrativa della Regione siciliana, che in seguito ha investito la Corte costituzionale.
Il fulcro della questione ruotava intorno alla legge Gelmini, che aveva introdotto norme per vietare casi di nepotismo all’interno degli Atenei italiani ma che non aveva disposto provvedimenti certi in circostanze del genere. Diversamente, la decisione presa dalla Corte costituzionale lascia pochi spazi all’interpretazione libera, affermando la peculiarità del vincolo matrimoniale su tutti gli altri casi di parentela. “Il matrimonio – viene aggiunto nella sentenza – scaturisce di frequente da una relazione che, nell’università come altrove, si forma nell’ambiente di lavoro, dove si radicano le prospettive future di entrambe le parti”.