Qualche giorno fa, lo scorso due aprile, sarebbe stato presentato, presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, un disegno di legge che consentirebbe di accedere ai concorsi pubblici senza specificare il voto di laurea. Ne consegue che, lo stesso, non sarebbe più requisito minimo richiesto per l’accesso ai concorsi. Proposta contestata da numerosi gruppi politici, ad esserne promotore sarebbe il Movimento 5 Stelle: a quest’ultimo vi appartiene la deputata Maria Pallini, prima firmataria e tra i maggiori sostenitori del provvedimento, sulla base che il voto di laurea sarebbe un fattore fin troppo discriminatorio tra due candidati e che genera una disparità di trattamento.
In molti, all’interno della fazione grillina, sosterrebbero la validità dell’abolizione del requisito e tra questi vi sarebbe anche Carlo Sibilia, attuale sottosegretario al Ministero dell’Interno: per quest’ultimo il voto di laurea ha avuto un ruolo importante e valido per l’accesso ai concorsi pubblici ma in passato. Per Sibilia questo sistema oggi sarebbe inadeguato, perchè i concorsi pubblici sono pochi e per accedervi è necessario togliere qualsiasi tipo di potenziale “discriminazione”. Ovviamente non mancano i contestatori di questa proposta: per la maggior parte dei contrari ciò equivarrebbe a vanificare l’importanza e lo sforzo conseguito per ottenere un risultato di prestigio quale la laurea con massimo dei voti, ponendolo sullo stesso piano di una laurea col minimo dei voti o conseguita da un fuoricorso, a discapito proprio del merito.
A difesa della proposta, si argomenta ulteriormente che il requisito minimo del voto di laurea esclude dai concorsi pubblici una parte degli aventi diritto (a parteciparvi) senza una reale motivazione. Per altri, ancora, potrebbero essere un modo per incentivare la concorrenza tra gli atenei, spronandoli al miglioramento della qualità dei propri servizi e della preparazione per il mondo del lavoro. Gli stessi deputati grillini si sono altresì difesi dalle accuse avversarie, specificando che non vi è intenzione di vanificare la meritocrazia o l’importanza dei sacrifici compiuti per conseguire la laurea. Inoltre, l’abolizione del valore legale del titolo di studio non è contemplata nella proposta da essi avanzata.
Questo post è stato pubblicato il 8 Aprile 2019
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