Pubblicato su PNAS, prestigiosa rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, uno studio sperimentale sulle conseguenze sul cervello dell’infezione da comuni virus influenzali. Il lavoro è frutto della collaborazione fra membri del dipartimento di Scienze neurologiche, biomediche e del movimento dell’università di Verona e il dipartimento di Neuroscienze del Karolinska Institute di Stoccolma. La ricerca è stata realizzata per Verona da Chiara Tesoriero, dottoranda in Neuroscienze e primo nome nell’articolo, Giuseppe Bertini, docente di Istologia, e Marina Bentivoglio, neuroscienziata e docente di Istologia all’università di Verona. Lo studio è stato condotto su topi che presentano alterazioni del sistema immunitario e ha dimostrato che l’infezione con un virus appartenente a uno dei tre maggiori ceppi che causano epidemie influenzali nell’uomo, colpisce nel cervello neuroni che svolgono un ruolo cruciale nella regolazione del sonno e della veglia, causando disturbi di tipo narcolettico. Si tratta del virus influenzale H1N1, più nota come influenza suina, che per questo studio è stato adattato al topo e instillato nel naso dei roditori, proprio come avviene nelle infezioni che, nell’uomo, si diffondono per via respiratoria. “Le cellule di cui è composta la mucosa olfattiva, situata nel naso – spiega Marina Bentivoglio – nell’uomo come nel topo rappresentano una porta di ingresso al cervello. Ciò significa che gli agenti patogeni che respiriamo possono arrivare dal naso direttamente al cervello e causare, in particolari condizioni e in individui predisposti, disturbi neurologici, come viene dimostrato nel nostro studio”.
La narcolessia è una malattia rara, che colpisce circa lo 0.1% della popolazione, iniziando soprattutto nell’adolescenza e le cui cause sono tuttora sconosciute. È stato ipotizzato, per la narcolessia, un meccanismo autoimmunitario, che, tuttavia, non è stato dimostrato finora. “Il virus H1N1 – prosegue Bentivoglio – che sembra sia ancora in circolazione, ha causato tra il 2009 e il 2010 un’epidemia mondiale, nota come influenza suina, in seguito alla quale è stato riportato, fra l’altro, un aumento di casi di narcolessia in molti paesi, tra cui la Cina e paesi scandinavi. Per questo, come medico e scienziata, ritengo che oggi più che mai sia necessario sottolineare l’importanza della vaccinazione, divenuta ingiustamente impopolare in Italia, incluso il Veneto. I risultati della nostra scoperta sono un ulteriore incentivo a proteggersi dalle conseguenze dell’influenza con la vaccinazione”.
La scoperta apre nuove prospettive per la ricerca in ambito neurologico. Gli scienziati proseguiranno nell’indagine dei rapporti fra agenti che hanno accesso al cervello dall’ambiente esterno e malattie neurologiche.