Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna è riuscito a fotografare un ammasso stellare talmente denso da essere uno dei pochi posti nella Galassia in cui le stelle possono collidere tra di loro. “Ci permetterà di capire cosa succede quando le stelle sono costrette a vivere in condizioni di estremo sovraffollamento
“È un po’ come in un tavolo da biliardo: la probabilità di uno scontro dipende dalle dimensioni del tavolo e dal numero di palle in gioco”. È l’immagine con cui Francesco R. Ferraro, docente al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, racconta Liller 1, un ammasso stellare talmente denso da essere uno dei pochi posti nella Galassia in cui le stelle possono collidere tra di loro.
La regione in cui si trova Liller 1 è particolarmente difficile da studiare perché molto distante dalla Terra (circa 30mila anni luce) e molto vicina al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Liller 1 è stato fotografato da un gruppo di astrofisici dell’Università di Bologna, coordinati da Francesco R. Ferraro in collaborazione con ricercatori delle università di Concepcion e di Antofagasta in Cile. La ricerca è stata da poco pubblicata su The Astrophysical Journal.
Liller 1 è un ammasso globulare, una tipologia di oggetti che appaiono solitamente come sfere di stelle molto compatte in orbita attorno al nucleo della nostra Galassia. Gli ammassi globulari più vicini alla Terra possono regalare immagini spettacolari anche se osservati con piccoli telescopi o binocoli. Ma per Liller 1 non è così.
“Si tratta di un ammasso talmente oscurato dalle polveri interstellari che risulta quasi invisibile se osservato alle lunghezze d’onda della luce visibile”, spiega Sara Saracino, dottoranda di ricerca Unibo e prima firmataria dell’articolo scientifico. Liller 1, infatti, è collocato in una delle regioni più inaccessibili della Galassia, ad appena 3260 anni luce dal centro, dove dense nubi di polvere limitano notevolmente il passaggio della radiazione. “Solo la luce infrarossa è in grado di attraversare queste nubi e fornirci informazioni dirette sulla popolazione stellare dell’ammasso”, commenta un altro membro del team Unibo, Emanuele Dalessandro.
Le osservazioni di Liller 1 sono state realizzate grazie al potente sistema di ottiche adattive messo a punto dall’Osservatorio Gemini e ora in funzione al telescopio Gemini South in Cile. Un gioiello tecnico chiamato GeMS (acronimo di Gemini Multi-conjugate adaptive optics System) che, lavorando in sincronia con la nuova camera infrarossa ad alta risoluzione GSAOI (che sta per Gemini South Adaptive Optics Imager), è stato finalmente in grado di penetrare attraverso la densa nebbia che circonda Liller 1 e regalare agli astrofisici una visione quanto mai nitida delle sue stelle.
La straordinaria risoluzione di queste nuove immagini ha portato alla luce una ricchissima popolazione di stelle costituita da almeno 1.5 milioni di Soli, confrontabile con quella degli ammassi globulari più massivi della nostra Galassia: Omega Centauri e Terzan 5. Lo studio ha inoltre permesso di concludere che il tasso di collisioni tra le stelle è altissimo (il secondo più alto, dopo quello di Terzan 5). “Nonostante la nostra Galassia abbia oltre 200 miliardi di stelle, esistono solo poche regioni ad alta densità in cui possono avvenire collisioni stellari”, racconta la docente Unibo Barbara Lanzoni, altro membro del team di ricerca. “Le nostre osservazioni confermano che le regioni centrali di Liller 1, a causa della loro altissima densità, sono uno dei pochi luoghi in cui questo può accadere”.
Le collisioni tra stelle sono importanti perché permettono di comprendere l’origine di alcuni oggetti “esotici” che non possono essere spiegati come il risultato della normale evoluzione di singole stelle. Scontri frontali in cui le stelle si fondono assieme condividendo il loro carburante nucleare potrebbero ad esempio essere all’origine (almeno in parte) delle cosiddette “vagabonde blu”. Quando queste collisioni coinvolgono invece sistemi binari, costituiti da due stelle legate dalla mutua gravità, la distanza tra le due compagne può venire talmente ridotta da permettere l’interazione delle due componenti, producendo così una varietà di oggetti come le “binarie X di piccola massa”, le “pulsar al millisecondo” e le “variabili cataclismiche”. In particolare, le pulsar al millisecondo sono vecchie stelle di neutroni riaccelerate fino a rapidissimi periodi di rotazione su sé stesse (periodi dell’ordine del millesimo di secondo) grazie all’accrescimento di materiale ceduto dalla stella compagna.
Ad oggi nessuna pulsar al millisecondo è stata individuata in Liller 1, ma vista la forte emissione di raggi gamma proveniente dal sistema stellare (la più intensa mai osservata in un ammasso globulare) i ricercatori sospettano che l’ammasso globulare ne ospiti molte al suo interno. “Le nostre osservazioni confermano che Liller 1 è uno dei migliori laboratori in cui studiare come le interazioni tra stelle possono influire sulla loro evoluzione”, conclude Francesco R. Ferraro. “Questo risultato, ottenuto nell’ambito del progetto Cosmic-Lab (finanziato dal Consiglio delle Ricerche Europeo), apre alla possibilità di una sorta di studio sociologico delle popolazioni stellari, volto a valutare l’impatto dell’influenza reciproca tra le stelle quando esse sono costrette a vivere in condizioni di estremo sovraffollamento”.
La somiglianza tra le proprietà di Liller 1 e quelle recentemente scoperte dal gruppo di ricerca Unibo in Terzan 5 fa sperare che anche questo ammasso stellare possa fornirci preziose informazioni su come si è formato il nucleo della nostra galassia, all’incirca 12 miliardi di anni fa.