Incrociando le dita si può influenzare il modo in cui il cervello elabora la sensazione di dolore e in alcuni casi la riduce. Ad affermarlo è una ricerca condotta in collaborazione tra l’università di Verona e l’university College London. Tra gli autori dello studio Angela Marotta, dottoranda in Neuroscienze all’università di Verona sotto la guida dei professori Michele Tinazzi e Mirta Fiorio del dipartimento di Scienze Neurologiche e del movimento dell’ateneo diretto da Marina Bentivoglio. La ricerca è stata curata anche da Patrick Haggard, professore di Neuroscienze Cognitive dell’university College London ed Elisa Raffaella Ferrè, assegnista di ricerca dell’university College London. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Current Biology”, suggerisce la possibilità che il dolore possa essere modulato applicando altri stimoli sul corpo e modificando la posizione della parte del corpo dolorante. Così facendo si potrebbe influenzare il modo in cui il nostro cervello elabora il dolore. Secondo i ricercatori il fenomeno potrebbe, in ultima analisi, essere sfruttato nel trattamento del dolore cronico, nei pazienti che dopo un infortunio fisico soffrono di sensazioni dolorose per molto tempo prima di guarire.
“Lo studio – spiega Marotta – è stato condotto utilizzando il fenomeno dell’illusione della Griglia termica. Un metodo controllato che permette di attivare il sistema del dolore, senza tuttavia produrre un effettivo danno della pelle e che si produce applicando un sistema di temperature caldo-freddo-caldo sulle dita. La sensazione di bruciore che caratterizza l’illusione è dovuta all’interazione fra tre vie sensoriali: quella del caldo, quella del freddo e quella del dolore. Il caldo riduce l’attività dei recettori del freddo. Normalmente, l’attività dei recettori del freddo inibisce i nocicettori, ossia i recettori del dolore. Riducendo l‘inibizione dei recettori del freddo, le cellule del dolore si attivano. Questo evoca la sensazione di bruciore caratteristica dell’illusione della Griglia termica”.
“I nostri risultati – aggiunge Ferrè – mostrano che un semplice modello spaziale è in grado di modulare l’intensità del dolore. Quando il dito che riceve la stimolazione fredda è posto tra le due dita che ricevono il caldo, si produce una distinta sensazione di bruciore. Al contrario, quando il dito che riceve il freddo è spostato verso una posizione esterna rispetto alle dita che ricevono il caldo, la sensazione di bruciore si riduce. Questo perché il nostro cervello utilizza le informazioni relative alla posizione di ciascuno stimolo rispetto agli altri per produrre la sensazione di bruciore su un solo dito”.
“Interazioni come queste possono contribuire a interpretare la variabilità della percezione del dolore”, precisa Haggard. “L’intensità del dolore percepito può essere molto diversa da quella che ci si aspetterebbe in relazione all’effettivo danno tissutale. Ne è un critico esempio la sensazione dolorosa percepita da pazienti affetti da dolore cronico. Anche se la nostra è una ricerca di base, suggerisce la possibilità che il dolore possa essere modulato applicando altri stimoli sul corpo e modificando la posizione della parte del corpo dolorante nello spazio. Cosi facendo si potrebbe influenzare il modo in cui il nostro cervello elabora il dolore”.