Il progetto è stato annunciato da Mehmet Gormez, che presiede la Direzione Affari religiosi, l’ente turco che disciplina ogni aspetto della vita religiosa del paese (fino ai sermoni che gli imam pronunciano in moschea) e che dipende dall’ufficio del primo ministro.
In visita alla Mecca per il pellegrinaggio rituale, Gormez ha spiegato di aver già presentato all’Alta Commissione per l’istruzione (Yok) la richiesta di avviare le pratiche per l’apertura a Istanbul della nuova università islamica, che dovrebbe nascere dalla fusione di 29 istituti religiosi minori. La motivazione è che le università islamiche internazionali più prestigiose, come quelle in Egitto, Pakistan e Arabia Saudita, “non sono in grado di trovare – secondo Gormez – soluzioni ai problemi del mondo”.
“Il problema più grande oggi – ha spiegato il leader religioso turco – è che i musulmani si infliggono a vicenda sofferenze, violenze e dolore. Abbiamo quindi chiesto alla Yok di trasformare 29 università nella ‘Università islamica internazionale’, per trovare soluzioni pacifiche a questi problemi”.
Tra i piani di Gormez c’è anche quello inserire l’università in una rete internazionale di facoltà di teologia in Kirghizistan, Kazakistan, Azerbaijan, oltre all’università Goethe di Francoforte, la facoltà di teologia islamica di Strasburgo e quella di alti studi islamici di Sofia.
Nessun riferimento invece all’università di al-Azhar, in Egitto, considerata un punto di riferimento imprescindibile per tutto l’Islam sunnita. E neanche ad altri prestigiosi istituti come quello di Mediana in Arabia Saudita o di Islamabad in Pakistan o ancora l’università della Malaysia dove il premier Ahmet Davutoglu teneva le sue lezioni in passato e le università sciite iraniane.
“Ho lavorato a lungo sulla questione negli ultimi tre anni – ha spiegato Gormez – e ho notato che i piani di studio di queste università non aiutano a trovare una soluzione ai problemi dei musulmani. Gli studiosi che si laureano in queste università, anzi, stanno diventando loro stessi il problema”. Una strategia, quindi, dettata dalla necessità di diffondere una visione moderna, moderata e dialogante dell’Islam.
Ma è facile scorgervi anche un nuovo tentativo da parte della Turchia di sottrarre a paesi come l’Egitto e l’Arabia Saudita il ruolo di leader regionali. Se non una nuova sfida alle autorità del Cairo, con le quali il governo islamico di Ankara è in rotta di collisione da quando lo scorso anno è stato destituito il presidente Mohamed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani. ( adnkronos)
Questo post è stato pubblicato il 26 Ottobre 2014
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